Chi non dubita non cubita


sabato 26 novembre 2011

NASCO IN ITALIA, SONO ITALIANO



"Cari italiani, i miei genitori sono poveri, e anche clandestini. Fanno figli, perché per i poveri i figli sono una ricchezza. Anche da voi un tempo, specialmente nel sud, le famiglie erano numerose, e più povere erano più figli facevano: braccia in più per lavorare la terra. Ma da quando la terra per voi è diventata faticosa, vi mettete il preservativo e di figli non ne fate quasi più. Allora siamo arrivati noi da lontano, per aiutarvi. Le nostre mamme fanno la corsa per venire a partorirci in Italia, e noi siamo felici di nascere qui.Però ci dicono che non siamo italiani. Eppure andiamo a scuola con i vostri figli, in certe classi siamo anche più numerosi di loro, e a volte ci viene quasi da pensare che i veri italiani siamo noi. Si devono aspettare i 18 anni di età, ci hanno detto, poi potremo richiedere la cittadinanza. E allora quel vostro vecchio capo, come si chiama? Presidente, mi sembra, ha detto che chi nasce sul suolo italiano deve essere italiano fin da subito. Bravo!In effetti noi parliamo la vostra lingua, e i vostri figli ci considerano uguali a loro. Siete voi grandi che storcete il naso, sembra quasi che abbiate paura di noi. Perché? Certo capisco, e lo sento da certi discorsi dei miei genitori, che un figlio italiano darebbe più diritti anche ai clandestini, anche a quelli senza il permesso di soggiorno: chi li potrebbe più scacciare dall'Italia? Mio padre ha detto a mia madre: "Se i nostri bambini diventano italiani siamo a posto, nessuno ci farà espatriare". Immagino quanti stranieri in più arriverebbero. Ma sì, più siamo e più facciamo il bene di questa povera Italia vostra... e nostra.

Da altri discorsi mi sembra di capire che sia in atto una manovra per concedere il voto agli immigrati, e dare la cittadinanza a noi nativi sarebbe la prima tappa per arrivarci. 
Dicono, giustamente, che chi lavora e paga le tasse nel vostro Paese dovrebbe anche aver diritto di voto. Non importa che lo dicano soprattutto quei politici che contano su questi nuovi votanti per vincere le elezioni... 
Sapete, è come fra noi bambini: io ti do un giocattolo e tu me ne dai un altro. In questo caso: io ti do la possibilità di votare e tu mi voti. 
Sinceramente non ci vedo molta parità, mi sembra più una fregatura. Io gli scambi con i miei coetanei li faccio sempre alla pari. 
Ma si vede che qui in Italia funziona così.


Io mi sento italiano, se non fosse che i miei genitori li odiano, gli italiani: se diventassi italiano odierebbero anche me? E quando sarò grande odierò qualcuno anch'io?
A me piacerebbe non dover odiare nessuno, né per religione né per cultura, o per diversità di qualsiasi tipo. Ma ho notato che i miei genitori nel momento in cui odiano diventano più razzisti di quelli che loro chiamano razzisti. Che ci sono venuti a fare qui, allora? Non mi piace.


Ché poi tutto questo razzismo io non l'ho mica visto. I signori e le signore che passano mi guardano con compassione, non con odio, quando tendo la mano. Al massimo qualcuno scuote il capo, o dice qualcosa di sgradevole sui miei genitori, ma a me mai niente di brutto. Mi danno anche delle monetine.
Chissà, se fossi italiano forse non dovrei più fare queste cose...


Ma ora devo lasciarvi, perché se non torno a casa con almeno un portafoglio poi mi picchiano. Prenderle fa male.
Sì, diteglielo a quel signore importante, al vostro Presidente, che io voglio diventare italiano. Gli italiani non sono costretti a rubare per strada.
Voglio rubare a viso aperto, io, come fate voi, con la mia bella cittadinanza in tasca.


Devo proprio andare, scusate, ho da fare. 
Grazie davvero a tutti.
... Italiano, ricordate, io voglio essere I-TA-LIA-NO!".


Un bambino.



Gianni Greco