Chi non dubita non cubita


giovedì 29 dicembre 2011

UN ANNO DI MERDA


Gli anni con l'uno da un po' di tempo a questa parte non sono granché.
Il penultimo fu il 2001, quello delle Torri Gemelle, per intenderci, e dell'introduzione nel nostro culo dell'euro.
Tutto cambiò, quell'anno, e non in meglio.


Dopo dieci anni di passione, durante i quali ci siamo visti raddoppiare le spese ma non gli stipendi, in cui siamo diventati tutti più carogne, anni che hanno visto persino la recessione delle libertà, in primo luogo quella di opinione, falcidiata da censure, comitati moralizzatori, privacy, authority, par condicio, telefoni azzurri e di tutti i colori, anni in cui anche i volti dei bambini sono diventati sconci, da oscurare come fossero passere al vento, e le passere sono state trattate come i volti dei bambini, facendo mettere le mutande alle maialette televisive notturne... 


Dopo dieci anni di abbrutimento da reality-show, porte a porte, pubblicità, bla bla politici e letame televisivo vario, berlusconismo, prodismo e sbrodismo a gogò, siamo approdati (e abberlusconati) all'anno più merdoso della nostra vita.
Il 2011.


Quante manovre? Scusate, ho perso il conto. So solo che sono state fatte sulle nostre palle, e non sono servite a nulla. Siamo sempre gli stessi stronzi di prima, anzi, di più.
Ma come abbiamo potuto asservirci a certe facce, a certe evve mosce? Persino il moscio pistolino del Presidente uscente ha goduto più di noi.
E verso la fine di questo anno terribile, giusto prima di Natale, con un tempismo degno di Attila, arriva Monti, il castigamatti, per castigarci ben bene.
I matti siamo noi. Noi che non ci ribelliamo, che abbiamo dimenticato il significato di parole a volte utili come rivoluzione, noi che siamo stati traditi anche dal calcio, grande fede italica, non meno fallace di quella nel Vaticano.


Ce lo meritiamo, evidentemente. Infine è sempre il popolo che si prende tutte le colpe. Un popolo di brutti, sporchi e cattivi evasori, ma che evaderà sempre di più: conseguenza fisiologica, quando si alzano le tasse.


Non si è capito un cazzo. Ma che si diventa professori a fare? 
Suggerisco l'istituzione di una Facoltà delle Stronzate.
Laurea breve. Grandi possibilità di impiego. Lavoro assicurato, magari in banca.


Ho l'impressione però che la tradizione negativa degli anni con l'uno debba essere presto interrotta, per far posto a quella degli anni col due.
Perché il 2012 si prospetta già come supermerdoso.


Ma io sono un tipo positivo, ottimista, e spero, spero sempre. 
Nella fine del mondo.


Gianni Greco

martedì 27 dicembre 2011

BABBO NATALE DISOCCUPATO

Forse la tendenza era già in atto da prima, ma è solo quest'anno che me ne sono accorto. Sarà un caso?

Sapete, tra le varie basse necessità di chiunque, anche di chi si diverte ad arrampicarsi con grazia sulle parole, c'è quella di buttare i sacchi della spazzatura negli appositi cassonetti: è uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo.
E' quello che ho fatto io il pomeriggio di Natale. 

Esco di casa col mio bel sacchetto e mi dico: "Ora vedrò la solita scena di ogni anno: cassonetti stracolmi e scatole di giocattoli da tutte le parti. Bottiglie, carta multicolore, confezioni di doni tutto intorno".

Quando sono arrivato sul posto, però, mi sono chiesto se non avessi sbagliato stagione. 
Avevo forse viaggiato con la macchina del tempo? Magari solo sfalsando la mia vita di qualche mese...
Poi ho fatto mente locale: a casa avevo appena lasciato un albero con le palle di vetro pieno di lucine e un presepio affollato dai cari vecchi personaggi di coccio.
Era proprio Natale.

Mi sono guardato attorno. Niente, nessuno. E i cassonetti semivuoti.
Improvvisamente da uno di essi è sbucato, come propulso da una molla, il pupazzo di Mario Monti, accompagnato da una risata da strega. 
"Sorpresa!", mi ha detto. "Ho risolto il problema della monnezza!". Ed è rientrato dentro con un'altra agghiacciante risata.
In tutta franchezza ritengo essersi trattato di un'allucinazione. Però che paura!

Eh già, la paura addosso ce l'ha messa, il professore, e, pur caricandoci di una enorme quantità di problemi, forse quello della spazzatura l'ha risolto davvero.
Che bello!
Che triste.

Sento dire che i consumi sono drasticamente calati rispetto all'anno scorso. E la cosa può avere anche i suoi lati positivi, visto che in passato ci siamo buttati voracemente su qualsiasi oggetto avesse un cartellino, tanto da non essere più considerati esseri umani, ma consumatori. 
Però il calo non deve andare a scapito dei bambini, che tali saranno solo per il tempo falsamente immenso dell'infanzia.

In ogni caso, seguendo la logica commercialbancaria montiana, la riduzione dei consumi è un controsenso: zappa i piedi dei Sacri Princìpi del Profitto. Invece di crescere, infatti, si recede.
Solo i bambini cresceranno, e che mondo troveranno?
E di quanti rimpianti dovranno riempire i propri ricordi?

Una volta almeno tutto era semplice, e le massime tentazioni erano costituite dalle vetrine dei giocattolai su cui schiacciavamo forte il naso (e non è un luogo comune) per avvicinarci all'impossibile.
Ora che tutto - troppo - è possibile, l'impossibilità diventa traumatica.

Tornando verso casa dopo la spedizione al cassonetto ho incontrato (così mi è parso) Babbo Natale.
"Mi hanno messo in cassa integrazione", si è lagnato allontanandosi triste col suo sacco flaccido. 
Poveretto, mi ha fatto pena.
Anche lui disoccupato.

Meglio rientrare e godersi il presepio di quand'ero bambino.
Tu scendi dalle stelle...
E noi scendiamo con Te.

Gianni Greco

Il disegno che illustra questo articolo è di Lino Casadei.

mercoledì 21 dicembre 2011

A FARE LA SPESA NELL'ERA MONTI FRIZZA IL CULO


A volte, senza saperlo, ho degli sprazzi profetici.
Quando scattai questa foto non mi accorsi della signora che si ravanava tra le mele. Era una foto più grande, che ritraeva via Martelli, nel centro di Firenze, l'antica via Larga di Lorenzo il Magnifico, invasa da cartelli non proprio esteticamente consoni al suo lignaggio.




Era il settembre del 2010. Ma perché solo ora mi sono accorto del simpatico particolare?
La vita è così: tu stai cercando sul web un'immagine che possa rendere l'idea, con ironia, del travaglio delle brave madri di famiglia che andranno a fare la spesa nell'era Monti e non la trovi. Poi, dando uno sguardo alle migliaia di foto con cui riempi il tuo profilo Facebook, ti accorgi che il simbolo spesa-culo ce l'hai già. E non basta. Guardando meglio riconosci nel monumentale marito che scorta la ravanante signora la controfigura di Mario Monti, con la barba, in incognito.
Meglio di così... Visto, si pubblichi!




Siamo a posto, quindi: l'immagine c'è. Il commento anche: si commenta da sola. 
Quelli che mancano, e sempre più mancheranno, sono i soldi.
In compenso, belle spose, ci saranno tanti bravi disoccupati in più disposti a grattarvi il culo.
Tanto, per quello che avranno da fare...




Volete una mano?


Gianni Greco

martedì 20 dicembre 2011

VA DI MODA IL 18


Non piange più la ministra. Ma che c'avrà da ridere, dico io.
Se prima non riusciva a pronunciare la parola 'sacrifici' perché adesso il 18 le sgorga sulle labbra con tanta facilità?
Misteri tecnoprofessoralpoliticogovernativi.


Ma questo 18, cos'è? Un tram? Forse. E il tram c'è chi lo prende e chi lo perde, chi lo aspetta e chi va a piedi. Meglio le auto blu, sono meno affollate.


18 ore durò la passione di Gesù, e questo vorrà pur dire qualcosa.


Nella Smorfia il 18 significa SANGUE, e questo dice tutto.


Nel nostro sistema universitario il 18 rappresenta il voto sotto il quale si è bocciati. Attenta professoressa...


Le buche del golf sono 18. E nelle buche ci vanno le palle.


Nella Rivoluzione Francese il 18 Brumaio segnò la fine del Direttorio, quell'organismo che aveva abolito il Terrore. Si vuol forse ripristinarlo?


In matematica (materia in cui sono sempre stato un ciuco) il 18 è un numero abbondante, ettagonale, pentagonale-piramidale e semi-perfetto. Ne so quanto prima, e non voglio approfondire.


All'età di 18 anni una ragazza diventa improvvisamente trombabile. A 17 anni e 364 giorni no. Io, berlusconamente vergognandomene, la riterrei trombabile anche il giorno prima, ma la legge stabilisce regole precise, cribbio!


Io sono nato il 18 marzo. E questo per me ha una certa importanza. A voi v'importa una sega, ma se non fossi nato non stareste leggendo queste bischerate.


E in questi giorni il 18 è sulla bocca di tutti per un altro motivo. Pare che sia il numero dell'articolo della legge sul lavoro che impedisce i licenziamenti facili, una conquista di quarant'anni di lotte sindacali.
E pare anche che la suddetta profministra voglia abolirlo. Cazzo, però! Ecco perché ride: si diverte, la rugosa ragazzina.


Ma il lavoro non è un gioco, anche se c'è chi gioca per lavoro.
Io, che ho sempre dei dubbi, mi chiedo: ma esiste un Articolo 18 per i ministri?


Se sì, aboliamolo!


Gianni Greco

lunedì 19 dicembre 2011

MONTI NON E' PEGGIO DI BERLUSCONI: E' PEGGIO DI TUTTI


Avevo ragione, a scuola, a odiare i professori.
Se c'è una categoria di saccenti incompetenti è quella.
I politici sono altrettanto incompetenti, ma l'ignoranza impedisce loro di essere credibilmente saccenti, tranne qualche sfolgorante dalemiana eccezione.


Il professor Monti sta affamando una nazione nel nome delle banche e dei ricchi.
Con la compiacenza del nostro amato Presidente Napolitano, Mario fa cacare filo spinato agli italiani, e cacare filo spinato fa male, tanto male.


Il fatto è che non ci siamo forse ancora accorti della portata del danno. Ma il Re Giorgio ci ha già avvertiti: "Anche i meno abbienti devono fare dei sacrifici".
Cazzo! Siamo a livello di Maria Antonietta, quanto a frasi famose: "Maestà, i francesi non hanno più pane". "Se non hanno più pane che mangino delle brioches!".
Mi meraviglio molto del tanto stimato Capo dello Stato: ma non era comunista, una volta?


Le famiglie boccheggiano, le imprese chiudono. Però bisogna salvare l'euro. 
Quali eroi! Ma gli eroi sono quelli che si tuffano a proprio rischio e pericolo per salvare qualcuno che affoga, e a volte ci rimettono pure la buccia. Non i comodoni che comunque vadano le cose hanno bambagia a iosa entro cui vivere.
Il decreto 'Salva Italia' non salva gli italiani, o almeno non certo quegli spregevoli caccolosi da 500 o 1000 euro al mese che non hanno voce né forza o autorità per difendersi. Cazzi loro se non sono abbienti: incapaci di rubare, sono meno italiani degli altri. 
La fattoria degli animali.


Per fare soldi si tassano tutti indiscriminatamente, soprattutto quelli che non riusciranno mai a tirarlo in culo allo Stato, e con le oscure manovre sull'articolo 18 si gioca sporco sulle prospettive dei già mortificati schiavoratori.
Eh, ma così è troppo facile.
Ci hanno sformato lo scroto, poi, con la storia dei diciassette giorni. Poverini, che potevano fare in così poco tempo?
Esattamente tutto il contrario di cosa hanno fatto: il tempo necessario sarebbe stato lo stesso.


Si è sperato per un attimo - ma solo un attimo - che le pressioni politiche servissero a cambiare qualcosa, e invece i cambiamenti sono stati minimi e perfino beffardi: quanto bastava per dare ai miseri politicanti un alibi che consentisse loro di votare la fiducia al governo, sia pure con bocche storte, nasi tappati e mali di pancia.
Ma che gli venisse davvero la cacaiola a tutti!


Mi si scusi la finezza, ma trovo molto più volgare chi aumenta l'IVA a tutti quelli che non possono scaricarla e le accise dei carburanti non solo a chi fa benzina, ma sempre e ancora a chi deve comprare merci vitali che di conseguenza aumenteranno, così come le bollette e qualsiasi altra cosa. 
Mi aspetto che quanto prima a ognuno sia fornito un contatore dei battiti del cuore, dei respiri e dei passi.
Magari anche un contatore delle minzioni e delle defecazioni, perché chi piscia e caca deve per forza aver mangiato, e se ha mangiato ha i soldi per comprarsi il cibo, quindi deve pagare, pagare, pagare...


E ci volevano dei professori per uno schifo di manovra come quella che dobbiamo - noi - sobbarcarci?
Bastava il conte Dracula.


Qualcuno già comincia a dire che forse Silvio...
No, ora non esageriamo, Mario Monti non è peggio di Berlusconi: è proprio peggio di tutti!


Gianni Greco

sabato 17 dicembre 2011

LO SCIOPERO DEI TRASPORTI E' INCOSTITUZIONALE


Il diritto di sciopero è sancito dalla Costituzione, anche se liquidato in una misera riga: 
Art. 40: "Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano"
Non un cenno ai servizi di pubblica utilità. Non un cenno alla piaga degli scioperi dei trasporti. Tanto ci sono le leggi che li regolano.


La cosa che stupisce è che ci siano leggi che li ammettono. Insomma, si può bloccare un'intera città per tutelare i diritti di alcuni lavoratori.
E i diritti del cittadino che deve spostarsi, chi li tutela? Quale sciopero può attuare il poveretto? Quello del culo? Oh, no, giammai. Quello ha da essere sempre in funzione (ricettiva).




Torniamo alla Costituzione. 
Art. 16: "Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale".
Circolare? Liberamente? Ma quando mai!
Un bello sciopero dei trasporti pubblici e lo vedi come circoli!

Ergo:
Lo sciopero dei trasporti è 
incostituzionale!


Certo, si dirà, il senso dell'articolo in questione è diverso, ma la Costituzione, fatta di poche e spesso vaghe parole, va anche interpretata.


Qualsiasi cosa impedisca volontariamente al cittadino di muoversi sul territorio deve essere per forza incostituzionale.
Anche perché uno sciopero dei trasporti non solo impedisce il libero movimento, ma provoca: inquinamento, maggior consumo di carburanti, spreco di tempo vitale con conseguenti perdite di occasioni, ore di lavoro, trombate, tempo per stare in famiglia... Per non parlare delle incazzature che rovinano il fegato, dell'ansia, delle bestemmie, dei vaffanculi e alla fine, quel che è peggio, della rassegnazione fino alla più completa, avvilente assuefazione.




Ma io non voglio criticare senza proporre. 
E la proposta alternativa mi pare talmente ovvia che ancor di più mi stupisco che non sia mai stata attuata.

Invece di fermare i mezzi facciamoli marciare 
a regime normale, ma 
non facciamo pagare il biglietto ai viaggiatori!



Quale migliore sciopero di quello dei bigliettai?
Oltretutto crea ancora più danni all'azienda, che avrà le solite spese ma nessun introito.
E vantaggi solo per i cittadini, che invece di mandare a fare in culo gli scioperanti faranno loro un bel sorriso.
Non succede forse sulle autostrade, quando scioperano i casellanti? Mica chiudono i caselli. Perché lo stesso principio non si può applicare ai trasporti pubblici?
Io lo dico da trent'anni, in radio, in TV, sul web, come fanno i pazzi che parlano da soli. Perché il pazzo sono io, evidentemente.


Ieri, reduce da un ingorgo pazzesco, mi sono chiesto: "Ma quando ho avuto io problemi sul mio lavoro, i conducenti degli autobus si sono forse fermati per me? Mi hanno anche minimamente cacato? E ho forse chiesto loro dei sacrifici? No. E allora perché dovrei farli io per i loro problemi?". 
Di conseguenza mi sono accinto a scrivere questo articolo, sicuro al 100% che non otterrà alcun effetto nelle menti ben schermate di coloro che decidono.


Ma sempre pronto alla solidarietà nei confronti di chiunque non mi bachi le palle.


Gianni Greco

venerdì 16 dicembre 2011

POPPE, POPPE, POPPE


Riempirsi è l'importante.
La pancia di cibo, non importa se avvelenato, adulterato, geneticamente modificato. La testa di idee, basta che siano di qualcun altro che pensa per noi. Le tasche di soldi, che servono a ogni altro tipo di riempimento.


Le poppe, quelle sì, vanno riempite. All'uomo piacciono gonfie, chissenefrega di cosa.
La donna si fa le proprie palle pagandosi le protesi, e supera così anche il complesso del petto caprino.
L'uomo le palle o ce l'ha o non ce l'ha, e l'uccello non se lo può siliconare. Lo farebbe se potesse. Ma si limita a palpare i riempimenti femminili e collabora al riempimento inserendo il proprio pistolino tutt'al più viagrato nella rigonfiata bambola di carne e silicone spesso ottenuta a pagamento, come pagate, del resto, sono state le protesi.




Ma ogni tanto arrivano notizie allarmanti, come quella giunta fresca fresca da Parigi: un'azienda specializzata in protesi, la Poly Implant Prothesys, non a caso semplificata in PIP, ha ficcato nelle tette di migliaia di nuove maggiorate silicone industriale anziché medico. E dire che questa fabbrica di poppe, situata nel sud della Francia, era rinomata in tutto il mondo, e in tutto il mondo ci si è serviti dei suoi prodotti.
Risultato: almeno 30.000 donne portano dentro di sé una bomba a orologeria, anzi due.




Boom!!!
Il peggio è che queste bombe scoppiano dentro, subdolamente, negli anni. E chi ne ha goduto è solo il maschio avido di rigonfiamenti.
Il terrore si è sparso, dalla Francia, anche in Spagna e in Gran Bretagna, dove molte stanno correndo ai ripari sgonfiandosi prima che sia troppo tardi.
E in Italia? Chissà quante pettorute si portano dentro la morte francese.
Ma la PIP ci guadagnava un miliardo l'anno in più con questo giochino. Vuoi mettere?
No, meglio non mettere. Togliere, togliere.




Maschi, e anche voi, femmine dal seno mortificato, torniamo alla natura, rifuggiamo dal falso. Meglio una poppina viva oggi di una poppona morta domani.
E poi, soprattutto, innamoriamoci: l'amore fa passare sopra a molti difetti. 
E passiamoci sopra, quindi, con le mani, con la bocca, con il corpo. Meglio un fiore fresco che tende ad appassire di uno artificiale sempre perfetto ma senza alcun profumo.
Pensiamo a come siamo nati.
Succhiando latte, non silicone.
W le poppe! Ma vere.


Gianni Greco

giovedì 15 dicembre 2011

I MOSTRI DI FIRENZE


Uno che sta a Firenze, come me, che ci è nato, in pieno centro, che ci ha vissuto tutta la propria vita, ci ha arrancato, trombato, sorriso, sudato, sofferto, esultato, ogni volta, stranamente, deve ancora stupirsi per quanto questa città si confermi, come direbbe il mio amico Marco Masini, una gran bella stronza.


Che fosse una città facile non l'ho mai pensato, e così nemmeno Dante, ai suoi tempi. Il fiorentino è uno che si pasce ancora dei fasti passati, che si è fermato al Rinascimento senza essere entrato nemmeno in uno dei grandi musei di cui si vanta. Uno superbo, uno ganzo, che sentendosi atavicamente superiore ti piglia facile per il culo.
Sempre che di fiorentini veri ce ne siano rimasti.


Perché il fiorentino oggi è merce rara, e la fiorentina non molti ormai se la possono permettere, nel senso di bistecca. Nel senso di ragazza è una di quelle che te la danno di meno. Anche nel senso di squadra te ne dà poche, di soddisfazioni. 
Insomma, da quando a un sindaco venne in mente di chiamarla 'città aperta', Firenze si è riempita sempre più di forestieri diventati stanziali senza che vi esistessero umane strutture di accoglienza né minime possibilità di sopravvivenza. 
Ospiti ben distinguibili e distinti da quelli in transito, normalmente chiamati turisti. O polli da spennare, a scelta.


Io ho sempre pensato a una Firenze città ideale, invece. Pura velleità di un idealista, appunto. Uno che vorrebbe una perfetta integrazione di popoli diversi, uno che si bea nel vedere uscire dalle scuole ragazzini di ogni colore e privi, loro, di qualsiasi pregiudizio.
Al contrario, nella mia non ideale città vedo tanto disagio di gente che si arrabatta per vivere decentemente, e non ce la fa, non aiutata dal colore della pelle e a volte dalla scarsa o assente volontà di integrarsi.
Vedo il disagio dei bianchicci, specie di quelli che ancora ricordano una città di cui erano i soli padroni.
Vedo il degrado generale di un centro storico Patrimonio dell'Umanità che mi costringe, per godermi qualcosa di bello, ad alzare gli occhi dove non arriva la mano dell'uomo. E a tapparmi il naso per non sentire il pungente puzzo di piscio. E a guardare dove metto i piedi per evitare i cocci delle bottiglie di birra scagliate a terra dagli ubriachi della notte, e i loro larghi vomiti.


Firenze è piena di mostri. E, vorace, si appropria pure di quelli del contado. Anche se tutto si svolse nei dintorni, gli omicidi delle coppiette, sempre vivi nella mente di ognuno, furono bollati come quelli del Mostro di Firenze. 
Un altro mostro è l'Arno, pisciatina di fiume solo di passaggio, che quando dà di fuori però crea le alluvioni più famose. L'ultima, di ormai 45 anni fa, è ancora nell'immaginario di tutti: l'Alluvione di Firenze è conosciuta anche da chi è nato molto dopo il '66.


Firenze fa scena, e attira mostri da ogni dove, anche 'solo' per piazzare un'autobomba ai Georgofili. 
Persino la sua arte è mostruosamente bella, tanto da provocare una sindrome che pur prendendo il nome da Stendhal si riconduce inevitabilmente a Lei, alla nostra dolce e terribile mamma-aguzzina che però, se siamo suoi figli veri, amiamo, non ricambiati, disperatamente.


L'ultimo mostro è sceso dalla montagna pistoiese per uccidere. A Firenze. Dove, sennò?
L'imbecille ha sfogato chissà quali e quante intime repressioni contro le vittime più facili e indifese. Come fanno i cacciatori con gli uccelli.
Senza rendersi conto che il suo gesto produrrà l'effetto esattamente contrario agli intenti che l'hanno mosso.
Il bischero.


Firenze giace in una conca caldissima d'estate e freddissima d'inverno. Ma in questo inverno innaturalmente mite sta già chiedendosi, maligna e sorniona: "Chi sarà il prossimo mostro?".


Vorrei non essere io.


Gianni Greco

mercoledì 14 dicembre 2011

UN BIANCO CI STANGA E SPARIAMO AI NERI


I dubbi mi assalgono allungando le loro ombre sui miei già foschi pensieri.
Ma come, mi chiedo: c'è un signore bianco, addirittura candido, che ci ammazza di tasse, non votato dagli italiani, con licenza di uccidere socialmente chi ha meno, e noi spariamo a dei poveri neri che vendono abusivamente merci scadenti in un mercatino?


Intendiamoci, lo specifico subito, non bisogna sparare a nessuno, neanche al ricco signore bianco. Ci mancherebbe. Però queste concomitanze danno da riflettere.


Proprio nella mia Firenze, quella di La Pira e Renzi, pensa un po', deve succedere che invece di rivoltarsi contro chi ci avvelena la vita (politici, professori) la ci si prenda con dei disgraziati che contribuiscono, sì, pesantemente al degrado della città che noi fiorentini ci picchiamo di chiamare la più bella del mondo, ma che non sono altro che il prodotto di una generale mancanza di equilibrio planetario. 
O, come direbbe il bianchissimo professore, equità.


Si dice in giro: è stato un pazzo a sparare, non fa testo. E così ci si para il culo.
I senegalesi, colpiti profondamente non solo nel sangue, ma soprattutto nell'orgoglio, quel sentimento che chi si sente diverso ha come un nervo scoperto sulla pelle, però dicono: se fosse stato un pazzo avrebbe sparato a chiunque, bianchi e neri.
E non hanno mica torto, nella loro atavica saggezza africana.


C'è qualcosa che non va, che serpeggia, un odio che riaffiora quasi a risarcimento di una repressione che ci comprime tutti verso il basso, verso l'abbrutimento di chi ci costringe ad adorare un dio-denaro che sentiamo estraneo ma a cui non si può sfuggire.
E nei disgraziati vediamo i noi stessi di domani. Se hanno la pelle nera, poi, essendo ben riconoscibili, si prestano benissimo come bersaglio anche fisico.


Io personalmente, che sono il Presidente di un'Associazione il cui nome è "Firenze Rizzati!!!", ho cento volte segnalato e combattuto il degrado che corrode la mia città ad altezza d'uomo, una città bella ormai solo al di sopra delle nostre teste.
Ma mai alzerei un dito su un essere umano, né inciterei a farlo.
E trovo dannose le posizioni estreme: da una parte quella di chi apre le porte a tutti, indiscriminatamente, e dall'altra quella di chi addirittura prende la pistola e spara, acclamato da gente assurda pubblicamente su Facebook e in segreto, ancor più, nella propria mente.


Prendiamocela invece con chi permette il degrado, e con chi fa di tutto perché si estenda alle nostre sempre più povere famiglie. Non sono i neri che ci tartassano.


Prendiamocela col Gran Capo Bianco.


Gianni Greco

martedì 13 dicembre 2011

TAGLI AI PARLAMENTARI? CALCI IN CULO!


Lo sapevamo già, ma sentirlo dire dalle loro boccucce ben pasciute in una proditoria quanto illuminante trasmissione televisiva ci fa montare l'incazzatura dalle palle al cervello, e poi di nuovo alle palle e poi su di nuovo.


Si fanno comprare, i miserabili.
Forse non tutti. Ma molti di sicuro. E di modi di vendersi ce ne sono parecchi. 
Pochi (ma sempre troppi) approfittatori prosperano alle spalle di milioni di disgraziati che pagano ogni loro necessità, e soprattutto ogni superfluità. 


Ma che fanno? Quanto lavorano? Per chi lavorano?
C'è l'Italia nei loro pensieri o solo la propria minchia?


Chiunque potrà dire che questo è un discorso qualunquista, e lo è, sicuramente, ma me ne fotto. 
Io pago, tu paghi egli paga... loro incassano.
Io devo pagare ogni mio spostamento, ogni mio scontrino, ogni mia bolletta.
Non ho indennità, io, posso permettermi di essere qualunquista quanto mi pare e piace.


Uno dei temi di questi giorni è il taglio degli stipendi di quei furboni, delle loro indennità, dei loro facili vitalizi alla barba di chi lavora per tutta la vita e non merita nemmeno una delle loro briciole.
Se ne parlerà per un po', i bravi parlamentari si ridurranno qualcosina da una parte riprendendosela dall'altra, poi passeremo ad altri temi.
Viviamo in un mondo veloce, ci stanchiamo presto, ma non di prenderlo nel culo.
Quindi continueremo a foraggiare uomini e partiti senza poter alzare il capo.


E allora io dico: perché limitarci a diminuire i vantaggi di questi 'signori' e lasciarli lì a dormire sui banchi?


Pedate nel culo! 
Fuori!
Cambiamo tutto. Ci sarà un modo per dare il potere solo a chi tiene all'Italia e agli italiani, e soprattutto a chi ha più bisogno.


Ripartire da zero. O meglio da quel dignitoso poco che potrà portare sui banchi del parlamento solo chi ha veramente il sacro fuoco della migliore politica, nel cuore e non nel cazzo.


Cazzo!


Gianni Greco


-- Questo articolo è stato ripreso e pubblicato anche da "Informare per resistere": 
http://www.informarexresistere.fr/2011/12/14/tagli-ai-parlamentari-calci-in-culo/#axzz1gXSQwqNC

lunedì 12 dicembre 2011

LA VERGINITA' BRUCIA I CAMPI ROM


Razzismo? Parola terribile perché abusata.
Fanatismo? Parola terribile e basta.


Leggo* che la famiglia della ragazzina che si è inventata lo stupro rom costringeva la poveretta a una visita ginecologica al mese allo scopo di accertare la sua verginità.
Quindi la sedicenne mensilmente era costretta ad aprire le cosce davanti a un ginecologo o a chissà chi.


Questo è lo stupro vero, fisico e mentale.
Meglio mille trombate, cari genitori fanatici. Il vostro compito non è quello di impedire l'amore, ma di valorizzarlo: dire a una figlia di non darla a tutti e di stare attenta, certo, ma soprattutto accordarle fiducia.
Chi non dà fiducia a un figlio non ha fiducia in se stesso.


Da qui nasce tutto. Dalla famiglia. Gente così non può generare che piccoli mostri che come minimo si inventano uno stupro, come massimo ammazzano i genitori.


Poi c'è tutto il problema dei campi rom, della difficile convivenza tra esseri umani uguali e diversi, della completa indifferenza delle autorità agli allarmi sociali a cui sembrano del tutto sorde.
Da un lato un pericoloso buonismo mascherato da umanità, dall'altro il lasciar fare, quasi il coccolare ambienti da stadio, dove la repressione si maschera a sua volta da tifo calcistico.


Un gioco di maschere, un indegno carnevale di sangue: ma i voti avanti a tutto. Le persone non sono persone, gli uomini non sono uomini, le donne non sono donne: sono elettorato.
Politica, sempre la sporca, vomitevole politica che ambisce al potere, perché potere significa soldi, ricchezza, e vaffanculo tutto il resto.


Manca una vera educazione ai cittadini. Lo Stato è babbo e mamma dei genitori delle sedicenni bugiarde, costrette ad esserlo dal piccolo stato-famiglia che si comporta come l'ambiente medievale in cui vive suggerisce.
Ma l'unica educazione che ci impartiscono dall'alto è quella del dio-denaro, a cui dobbiamo inchinarci ad ogni telegiornale, su ogni pagina stampata, ogni volta che arrivano le bollette, facciamo benzina o siamo costretti a procurarci il necessario per sopravvivere.


"Inchinatevi, stronzi! Noi siamo noi e voi non siete un cazzo!".


A inchinarci troppo, però, è molto facile prenderlo profondamente nel culo, e non per scelta di piacere.


Ma ai nostri genitori diremo che ci hanno stuprato i rom.


Gianni Greco


* La Stampa, articolo di Massimo Gramellini: http://triskel182.wordpress.com/2011/12/12/i-cerchi-dellimpotenza-massimo-gramellini/

sabato 10 dicembre 2011

... E LIBERACI DALL'ICI, AMEN


O Gesù dal cuor acceso, non ti avessi mai offeso. 
O mio caro e buon Gesù, fa' ch'io t'ami sempre più.
E ora passiamo alle cose serie.
Gesù, hai visto? Certo che hai visto, Tu vedi tutto.
Veniamo al punto. Ci vogliono far pagare quella stronzata dell'ICI, Ti rendi conto?
A noi, alla Chiesa Cattolica, quella che Ti ha sempre sostenuto, che ha sempre diffuso il Tuo verbo.
Non è giusto! E anche se lo fosse, perché cazzo dovremmo pagare? Non l'abbiamo mai fatto!
Gesù, guarda, io non Ti ho mai chiesto nulla, lo sai, anche perché tanto lo so che è inutile...
Ma questa volta, forse per la prima volta, ti prego davvero col cuore: fai che quel Monti non cambi idea. Ché poi non è mica lui, sai. Lui ha tassato i poveri, è bravo. Noi non ci tocca, perché siamo una potenza, in Italia soprattutto.
Ma sono quegli straccioni degli italiani che rompono i coglioni. Dicono: "Fate pagare l'ICI alla Chiesa! Alla Chiesa! Alla Chiesa!". E a forza di sentirselo dire il Monti magari lo fa.
Io sono stato costretto a fare una timida apertura, ho detto: "Vediamo, parliamone...". Ma l'ho fatto solo perché voglio diventare Papa, e un Papa deve piacere alla gente. Darei le palle per essere come Wojtyla. Tanto non mi servono.
In realtà non voglio pagare un cazzo. Chiaro?
Dammi un segno, dimmi qualcosa, Ti prego, fammi dormire tranquillo stanotte.


Sporco mercante del tempio, ma come ti permetti di rappresentarmi pensando ad accumulare soldi e affamando i poveracci? Ma lo sai che se tu paghi l'ICI tanti bambini mangiano meglio, tante famiglie vivono più tranquille, e al limite vai anche in Paradiso?
Pagare... Pagare... Pagare...


Dio mio che paura, ha parlato... Allora esiste!
Ma io non voglio pagare, non voglio pagare...
No! No! No!...


Sorpreza, ero io, ti zei zpaventaten?
Ah ah ah, come lo facchio io Cezù non lo fa nezzuno!
Tranquillo, zi penzo io.
Macché ICI, non te la facchio pagare, nein... ze mi dai un bazino. Un bazino, zu!
Smuk, smek, smak... Bel racazzo!
Viva l'amore, abbazzo l'ICI. 
Trallallero trallallà.


Ecco cosa succede quando si mangia pesante la sera.
Si fanno questi incubi...
Ma se stasera mi tengo leggero magari sogno che pagano. 
Sì, sì, la pagano, la pagano... l'I... CI... ronf...


Gianni Greco